venerdì 1 febbraio 2008

OCCHIO PER OCCHIO PINOCCHIO MANGOCCHIO

Anni e anni orsono in una località immersa nel verde con un grande Lago nero abitato dal leggendario mostro di mangness, il falegname del villaggio, tale Armang si alzò di buon mattino per farsi una passeggiata sul monte Pierino. E fu così che nel mezzo del cammin della sua vita si ritrovò in una selva oscura che la diritta via che gli aveva insegnato la mamma era smarrita...ed inciampo' in un ciocco di legno, cuor di castagno, e se lo portò a casa. A nulla servirono i consigli dei parenti e amici che gli suggerirono di fare di quel ciocco della legna per il camino, il buon Armang si mise a lavorare giorno e notte per cercare di plasmarlo a sua immagine e somiglianza anche se il ciocco di legno sembrava a tratti modellabile e a tratti recalcitrante. Ad ogni modo dopo giorni e notti di duro lavoro venne fuori il capo-lavoro...un pupazzetto piccolo e tozzo con il testone, le orecchie di dumbo, gli occhi del principe ranocchio prima che lo baciassero e un naso così lungo che azionava il ventilatore a pale del soffitto anche da steso. Era tutto quello che il povero Armang era riuscito a realizzare tenuto conto che il ciocco di legno gli scappava da tutte le parti...In compenso però il pupazzetto aveva una voce da usignolo e tutti gli abitanti del villaggio e dei villaggi limitrofi si incantavano ad ascoltarlo....purchè però tenesse il tempo che gli suggeriva il suo creatore Armang...quando faceva di testa sua emetteva un vocalizzo così stridente da far scappare a gambe levate anche il peggior sordo del paese, quello che non voleva sentirlo, e di scatenare frane, scosse telluriche e temporali improvvisi con tanto di tuoni e fulmini.

Per la particolare espressività del suo sguardo e per la sua attitudine ad avere l'occhio lungo fino ad individuare il suo millesimo fan nella centesima fila del suo pubblico adorante il pupazzetto di legno si era meritato il nome di Pinocchio Mangocchio.

Il pupazzo di legno e il suo creatore Armang andarono avanti per qualche anno grazie alla pazienza del buon Armang che metteva il coperchio, detto all'inglese "cover", alle bizze del capriccioso Mangocchio finchè un bel giorno, anzi una bella notte, al Mangocchio non apparvero in sogno alcuni interessanti personaggi.

Nei suoi sogni il Mangocchio era arrivato fino in cielo grazie alla sua voce di usignolo, a bordo di una nuvola e poteva guardare tutti dall'alto in basso...tutto questo mentre uno sciame di fate blu, scartate persino ai provini del film "Le fate ignoranti" di Ozpetek per eccesso di ignoranza, gli cantavano tutte in coro inni alla gloria e lo avevano eletto a loro dio con tanto di preghiera "Credo". Non c'era dubbio alcuno. Ormai il Mangocchio era un vero e proprio "paragrafo del cielo".

Il mattino dopo il Mangocchio si svegliò con un carico di piombo al posto dell'oro in bocca, si avvicinò ad Armang per salutarlo con il bacio del Pinocchio Mangocchio al cui confronto quello di Giuda era una dichiarazione di amore eterno e si recò a scuola di canto con il testone di legno scosso da uno sciame di pensieri di varia grandezza, dal più piccolo al più grande in scala mercalli.

Da qualche giorno il Mangocchio frequentava due personaggi alquanto caratteristici, il primo era l'unico gatto al mondo che suonava come un cane e l'altro era una volpe così bassa da non arrivare non solo all'uva ma neanche ai tuberi sottoterra. Entrambi avevano in comune di suonare la grancassa a favore del Mangocchio. Lo avevano convinto che lanciando qua e là qualcuno dei suoi vocalizzi stridenti la crosta terrestre si sarebbe spaccata facendo affiorare tesori inestimabili. Il Mangocchio che era molto conscio del potere del suo vocalizzo e che era molto generoso con tutti pensò bene di mettere in cassaforte il tesoro nascosto nella sua ugola d'oro e fece brutto viso a disgraziata sorte.

Il buon Pinocchio Mangocchio aveva infatti deciso di dedicarsi al solitario sfruttamento dei suoi tesori con la consulenza del gatto e la volpe, momentanei alleati, e con l'ausilio del coro delle fate blu per la testa, diede un calcio al passato, al suo creatore Armang, reo di volerlo riportare con i piedi di castagno per terra, e a tutto il resto dirigendosi verso il posto a lui più congeniale "il cielo blu sopra le nuvole".

Ovviamente nella nuova dimora del Pinocchio Mangocchio non erano più ben accetti riferimenti a umili origini, a ciocchi di legno, a falegnami del villaggio...Pinocchio Mangocchio era nato direttamente da un pilastro di marmo dell'Olimpo degli dei e nacque tutta una letteratura che diede al Mangocchio il posto che meritava nella storia, a destra del sessantotto, al centro del rythm and blues americano e a sinistra dello Space Oddity di David Bowie. Poco male che le fandonie del Pinocchio Mangocchio avessero il cattivo odore delle cavolate di bruxelles cotte al vapore e che il già lungo naso del Mangocchio crescesse sempre più a ogni fandonia che diceva...c'era sempre una fata blu che interveniva prontamente a colpi di pialla e sega e poi nella peggiore delle ipotesi il lunghissimo naso del Pinocchio Mangocchio, con la caratteristica forma a manico di ombrello acchiappa nuvole, serviva a sgomberare il cielo di questo malamente mondo in cui ci troviamo. Forte di tutte queste novità il Mangocchio cominciò la sua nuova vita mettendosi a circolare vestito a festa, con il lunghissimo naso per aria e dandosi un sacco di arie fritte.

Un bel giorno Pinocchio Mangocchio, incontrò girando per l'ITALIA UNO che si faceva chiamare Lucignolo. "Come dici? LUSIGNOLO? Eh, no L'U-SI-GNO-LO sono io!" disse il nostro eroe. E prima che l'altro potesse ribattere, gli sparò un vocalizzo a dente di sega che lo fece stramazzare a terra. Il poveretto riuscì a malapena a sillabare: "Mi chiamo Lucignolo: Lu-ci-gno-lo", poi crollò svenuto.

Chiarito che fu l'equivoco, Lucignolo cominciò a decantare al Mangocchio le meraviglie del mitico Paese dei Baiocchi, i mitici biscotti con crema al cioccolato del Maligno Blanco. Un posto, diceva, dove con i baiocchi si può far tutto: pubblicare libri di poesie, incidere dischi, o fare cover di brani del passato in duetto con cantanti famosi. Cose così, insomma. Bisognava soltanto dichiararsi assolutamente devoti al grande Maligno Blanco.

Mangocchio era entusiasta, anche se non credeva per niente alla faccenda dei baiocchi che si moltiplicavano: era già rimasto fregato quella volta che aveva piantato in un campo le ultime cinque copie rimaste del cd oro, sottratte a viva forza alle avide mani dei cinquemila fantastigliardi di acquirenti, e ne era spuntato solamente l'albero delle fate blu, più ignoranti di quelle di Ozpetek (che da Turchino era passato al blu pure lui per i lividi accumulati durante la ressa per l'acquisto del cd oro).

Lucignolo allora lo invitò a partire senza indugi, dicendogli "L'ho raccontato al vento, che ti porto in Africa" e Mangocchio partì sull'onda dell'entusiasmo: alle parole al vento era già abituato.

Il Paese era meraviglioso: Pinocchio, Lucignolo e il gatto & la Volpe capirono subito che in quel fantasmangorico paese tutto quello che toccavano, anche se prodotto e creato da altri, poteva diventare LORO. Ma...dopo poco tempo i quattro scoprirono la cruda realtà. La devozione assoluta al Maligno Blanco aveva fatto spuntare a Lucignolo due enormi orecchie d'asino, mentre Pinocchio si ritrovò con le orecchie di castagno sempre più lunghe, sempre più lunghe, fino ad arrivare a tre ottave e mezzo. Basta dire che la lunghezza delle orecchie aveva superato quella già ragguardevole del naso... Questo significava la fine delle poesie, un tremendo disincanto!

Qualcuno ha avuto da obiettare che le orecchie al Mangocchio fossero cresciute perchè quel che il Mangocchio cercava di trasformare in oro erano in realtà venti africani chiacchieroni e disinformati, versi stupiti e stupenti, alberi rinsecchiti popolati da elfi nani in cerca d'autore, ma trattasi come al solito di malignità. E i maligni sono stati segati. Ancor prima del naso del Mangocchio che ha fatto perdere le sue tracce nell'azzurrità del cielo. Si dice che sia stato inghiottito da una nuvola "senza pietà" particolarmente vorace e che non sia disposta a sputarlo fuori, nonostante il Mangocchio urli a squarciagola "Dio mio no!"

Il Mangocchio privo del lungo naso e Lu-ci-gno-lo riuscirono a fuggire, e dopo mille peripezie (e anche alcune peripe-nonne), riuscirono a imbarcarsi in una nave. Nel delirio delle sue manie di grandezza il Mangocchio convinse il recalcitrante Lu-ci-gno-lo ad arrampicarsi sull'albero maestro della nave durante una tempesta per vedere se riuscivano ad andare con il vento in poppa e la cresta dell'onda a prua, ma il comandante della nave, tale Mongol, che aveva intuito le manovre del Mangocchio aveva unto di viscido grasso l'albero maestro e lo aveva trasformato in un albero della cuccagna per cui i nostri eroi precipitarono in basso alla velocità della luce. Lu-ci-gno-lo sfondò il pavimento e si disperse nelle profondità della stiva, il Mangocchio cadde in mare nel pieno della tempesta. Nuotò disperatamente in mezzo alla furia degli elementi, fin quando la nave da cui era stato sbalzato non si ridusse a un puntino appuntitissimo. Se la vide brutta. Ma si salvò, grazie all'intervento di mostruoso cetaceo: la Balenina Fa-no no no none.

La mattina dopo il mare calmissimo non rendeva il cetaceo meno mostruoso, ma Mangocchio non ebbe nulla da ridire: a cetaceo Donato non si guarda in bocca! Il mostro era originario della provincia di Potenza, e si chiamava, appunto, Donato. Ma era soprannominato Balenina Fa-no no no none, perché era un bastian contrario e rispondeva "No", anzi "None", a tutto quel che gli si chiedeva.

Appena udito il nome Mangocchio, credette di trovarsi di fronte a un ibrido tra il mango e il finocchio, e gli venne l'acquolina in bocca perché era ghiotto di entrambi.

Pinocchio Mangocchio, non guardandolo in bocca, non se ne avvide e venne inghiottito in un sol boccone.

L'unica speranza che il mostruoso cetaceo possa un giorno risputare il Mangocchio risiede nel suo creatore Armang che ogni tanto pensa ancora al suo ciocco di legno, ma se tornasse indietro ne farebbe legna per il camino. Per il momento non ha digerito di essere stato segato e da buon falegname sta pensando di creare un altro burattino meno ingrato del Mangocchio.

Ragione per cui, spiacenti per i lettori, ma per il momento il Mangocchio resta dove sta...e non resta che augurargli buona fortuna, anzi per meglio dire "in culo alla Balenina Fa-no no no none".

E vissero tutti infelici e scontenti nella Mangocchia Pinocchia illusione dei contenti e vincenti.

1 commenti:

Anonimo,  18 dicembre 2009 alle ore 14:27  

te sei veramente scemo........... non pensavo che esistessero persone sceme come te!!! la realtà supera la fantasia........... se tu ti prendessi la briga di (almeno) sgrillettare qualche fata Blu.. (o se te lo facessero fare) forse ti passerebbero le turbe... ma caro, sempre meglio il tuo atteggiamento che quello del tuo collega massimo tartaglia...
In fede
Felix

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