venerdì 1 febbraio 2008

IL MANGO NERO E L'OTTAVO NANO

Quel ramo del Lago Nero che volge ancora più a sinistra di Paolo Rossi, ma che in realtà pende più a destra di un dare precedenza, fu teatro anni e anni fa di una tremenda leggenda popolare. Si favoleggiava infatti che dal cupo Lago Nero si innalzasse nottetempo il Mostro di Mangness una creatura metà uomo e metà mangifera, con un cuore a forma di nocciolo duro che sotto l'egida dell'autostima e leadership personale, in realtà si prefiggeva di oscurare tutti e seppellirli nelle torbide e fredde acque del Lago Nero. Il suo grido di battaglia era il temibile vocalizzo rotante e tutti gli abitanti delle zone circostanti lo avevano sentito almeno una volta, anche se era severamente proibito darlo per certo.

Il Mostro di Mangness

Questa però era la leggenda popolare. La realtà era ben diversa. Infatti un bel giorno dalle limpide acque del Lago Nero, un nome una garanzia, vide i natali uno splendido esemplare di uomo, dalla fulgida chioma nera corvina, benedetto dagli dei per il suo aspetto tridimensionale e per la sua splendida voce da usignolo. Nel suo soave volto convivevano felicemente le dimensioni delle orecchie di dumbo, del naso di un'aquila reale e degli occhi a palla di una rana pescatrice. Per questo il suo aspetto era definito tridimensionale. Per il bellissimo tono di voce era detto "usignolo del lago", ma in realtà il suo nome prendeva spunto dalla splendida chioma corvina tirata a lucido a colpi di cromatina. Il suo nome all'anagrafe era mango nero. Il mango nero sarebbe stato anche un buon diavolo se non ci fossero stati alcuni intoppi nel suo cammino. Il primo si chiamava ego, parente stretto dei mattoncini lego, era smisurato e quindi insormontabile. Il secondo era il suo insopportabile consigliere, detto consigliori alla maniera del Padrino, il famigerato ottavo nano. L'ottavo nano era brutto, ma così brutto che tutti lo lasciavano a terra, anche la duchessa sul pisello che si era invece caricata allegramente i sette nani della favola di Biancaneve. La duchessa sul pisello a differenza della sua più altolocata parente, la principessa sul pisello, che stava scomoda su sette materassi con sotto un pisello, stava comodissima su un materasso solo con sette piselli sopra. Era parente stretta della duchessa di pork della corte di Inghilterra. Eppure nonostante tutto anche lei non voleva l'ottavo nano.

L'ottavo nano aveva riflettuto molto su tanta repulsione nei suoi confronti, aveva riflettuto al punto da diventare uno specchio nel quale si specchiava e si rimirava il vanitosissimo mango nero.

L'ottavo nano, smorfiosamente somigliante a un mango

Un bel giorno il mango nero decise di interrogare l'ottavo nano "specchio specchio brutto come un drago chi è l'usignolo più melodioso di tutto il lago?"

All'ottavo nano non parve vero di essere interrogato dal mango nero e non perse occasione per lanciare una bordata "saresti tu o mio signore se non ci fosse il tuo fratellastro mango bianco che ti vuole rubare l'ugola"

E fu così che il mango nero si convinse di essere invidiato e perseguitato dal fratellastro mango bianco che invece, da piccolo, gli aveva anche cambiato i pannolini. Non solo, ma pur di imitare il fratellastro il mango nero aveva preso l'abitudine di dipingersi il viso tridimensionale di bianco, salvo poi pentirsene perché c'era in giro un certo Dic-san che sosteneva che più bianco di lui non si poteva e il mango nero non voleva essere secondo a nessuno. Per liberarsi del mango bianco una volta per tutte il mango nero decise di preparare per lui un boccone prelibato con una sorpresa...un dolcissimo, invitante e succolento frutto del mango con all'interno un nocciolo duro ma così duro che al confronto l'acciaio temperato si tagliava con un grissino.

Il risultato fu stupefacente, il frutto aveva un profumo inebriante, la buccia aveva colori più brillanti della chioma di Vanda Marchis e poi il sorriso al miele d'acacia con cui il mango nero offrì il frutto al suo fratellastro era più invitante di quello di un caimano.

Il mango bianco che non era fesso e conosceva i suoi polli, al pari dei suoi manghi, accettò il frutto e cominciò a mangiarlo tutto soddisfatto mentre il mango nero, gongolante, lo guardava a bocca aperta.

Arrivato al nocciolo duro il mango bianco anziché inghiottirlo e strafocarsi come aveva previsto, erroneamente, il mango nero lo sputò dritto dritto in direzione del gargarozzo del fratellastro che si mise a ululare in preda alla disperazione "mi stanno rubando l'ugolaaaaaaaaa, mi stanno rubando l'ugolaaaaaaaaaaaaa...." e poi stramazzò per terra.

L'ottavo nano che da bravo consigliori aveva assistito a tutta la scena si precipitò in soccorso al mango nero e cominciò a scuoterlo a più non posso per liberarlo da quel duro nocciolo che gli si era incastrato in gola. Tanto mosse, mari, monti e anche laghi neri che il mango nero inghiottì il duro nocciolo e riuscì a riprendere il fiato e i sensi.

Dopo una lunga serie di lavande gastriche, tac, tag, risonanze magnetiche e periferiche il nocciolo duro fu dichiarato clinicamente irrecuperabile. Si era fermato troppo vicino al cuore e lì sarebbe rimasto per sempre. Alcuni abitanti del luogo riconobbero nel frutto del mango offerto al mango bianco, nel nocciolo duro e nel tremendo ululato del mango nero alcune preoccupanti assonanze con la leggenda del mostro di Mangness e il suo terrificante vocalizzo rotante, ma ovviamente si trattava solo di malignità. La favola del sublime mango nero e ottavo nano è stata tramandata ai posteri così com'è con tutta la sua evidentissima morale. Stretta la strada, troppo traffico per la via, lunga vita al mango nero, ma lasciatemi la mia.

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